Sabella sulla sentenza su Mafia Capitale:"Il vero sconfitto in questa storia è il cittadino. La giunta Marino stava completando un lavoro che avrebbe fatto ripartire la città. Leggerò con attenzione le motivazioni: la Cassazione aveva già detto che quella di Buzzi e Carminati era un'associazione mafiosa"
Ha combattuto Cosa Nostra. Ha firmato i provvedimenti di arresto per i boss Brusca e Bagarella. È stato pm antimafia ma anche assessore alla legalità in quel comune di Roma disastrato dagli arresti di Mafia Capitale. L'allora sindaco Ignazio Marino lo chiamò dopo il 3 dicembre 2014, il giorno degli arresti, per affidargli la macchina della città. Una macchina corrotta o, nel migliore dei casi, incapace di funzionare. Finita quell'esperienza che ancora definisce "indimenticabile" e purtroppo "incompiuta", il giudice Alfonso Sabella è forse la persona che oggi ha il punto di vista più completo, giudiziario e politico, sulla vicenda Mafia Capitale.
Dottor Sabella, i giudici di Roma hanno detto che Mafia capitale è un'associazione di criminali corruttori ma non è mafia. E però quell’inchiesta ha nei fatti chiuso la stagione di Ignazio Marino in Campidoglio e anche la sua come assessore alla Legalità di quella giunta. Qualche rammarico?
"Uno, soprattutto: in quei dieci mesi da assessore in Campidoglio non sono riuscito a far funzionare la macchina amministrativa come avrei voluto e a renderla meno scalabile da parte dai gruppi criminali. Purtroppo tutto il lavoro fatto e impostato dal mio ufficio è stato buttato alle ortiche per le dimissioni forzate di Marino".
Che tipo di lavoro?
"Ancora oggi non c’è una centrale unica di committenza, fondamentale per evitare i fenomeni corruttivi. Anche il sistema dei controlli è rimasto tale e quale a quello in voga ai tempi Alemanno (a processo per corruzione) quando pare che tutto abbia avuto inizio. Non è stato fatto il regolamento con le regole d'ingaggio per le cooperative sociali, il regolamento per i beni confiscati, il protocollo di vigilanza collaborativa con l'Anac. Posso continuare?"
Prego
"Non è stata istituita la white list con le aziende virtuose. E neppure gli accordi quadro per le gare a evidenza pubblica che ancora oggi sono spezzettate in microlotti o in lotti per pochi euro sotto la soglia minima. Se vuole continuo. Il concetto è che la giunta Marino, quella che si è formata dopo gli arresti di mafia capitale, aveva fatto un gran lavoro, mancava solo l'ok del consiglio comunale, ancora un paio di mesi di lavoro e avremmo avviato un nuovo modo di lavorare in Campidoglio. Dopo di noi è stato tutto abbandonato".
Marino costretto alle dimissioni dal Pd, l'arrivo del commissario, il voto anticipato e la vittoria dei 5 Stelle.
"Le cose che ho elencato non sono state fatte. Del resto, la città è bloccata, basta fare due passi in centro. Non mi pronuncio sull'evoluzione politica di quella crisi".
L’associazione Buzzi-Carminati è stata di stampo mafioso?
"Non posso entrare nel merito della sentenza. Dal punto di vista giuridico sono molto interessato a leggere le motivazioni. I giudici hanno riconosciuto un’associazione criminale finalizzata anche alla corruzione. La sfida giuridica della procura di Roma era capire se era possibile ricondurla nello schema del 416 bis (l'associazione mafiosa) pur trattandosi di un unicum in quanto era un’associazione che non aveva il controllo del territorio a differenza delle mafie tradizionali. Leggeremo le motivazioni. Sono abbastanza certo che i colleghi faranno appello. Anche perché la Cassazione si è già espressa (giugno 2015, ndr) dicendo che gli elementi raccolti configuravano l'associazione mafiosa. Comunque, se questo è interessante per me come giurista, non lo è affatto per il cittadino romano. L’unico vero sconfitto di questa storia".
Cioè, mafia o non mafia il risultato non cambia?
"Esatto, perché questa sentenza - con condanne così pesanti e, nella sostanza, il riconoscimento della bontà dell’impianto accusatorio di un'indagine che è corretto definire straordinaria - ha dimostrato la fragilità e la scalabilità della struttura amministrativa romana. E ha dimostrato come per anni l'interesse pubblico sia stato piegato a quello privato"
Crede che quell’indagine abbia nei fatti aperto la strada ai 5 Stelle alla guida della città?
"Non faccio valutazioni politiche. Certo l'inchiesta ha messo in luce la carenze di un vecchio sistema politico-amministrativo. E devo dare atto che quelle criticità c'erano tutte, frutto di una burocrazia incapace o, peggio, corrotta"
Nella Capitale gli affidamenti dei lavori e degli appalti o vengono rinnovati senza gare come ai tempi di Buzzi e Carminati. O non si fanno per nulla e la città si blocca, come sta accadendo adesso. Questa è la morale di questa storia. Come è da dove può ripartire una città come Roma?
"Facendo investimenti e programmazione degli investimenti. Quando, nel gennaio 2015, appena insediato, ho dettato la direttiva di emergenza, il punto chiave era proprio questo: rilanciare gli investimenti obbligando però a fare la programmazione tempestiva della spesa, ad istituire strutture di controllo sui contratti, ricorrendo ai meccanismi degli accordi quadro ed evitando di lavorare, come invece fanno, in emergenza. Tappare quattro buche nelle strade con appalti semestrali, non è la soluzione del problema. Anzi, crea dispendio di soldi ed energie. Questi vale per le strade e per il verde pubblico. Basta fare un giro per Roma per capire di cosa parlo".
Lei è stato in Campidoglio più di un anno. Ha notato metodi mafiosi?
"No, non li ho trovati. Quella che veniva considerata mafia era stata già cacciata. Ho trovato invece tanta corruzione. Ancora ieri è stato arrestato un dirigente del Campidoglio (Fabio Tancredi, ndr) sulla base di una mia denuncia. Voglio dire che Marino aveva messo su una squadra che avrebbe rimesso in riga e in funzione la Capitale d'Italia. Non mi pare sia successo dopo".
La corruzione è la nuova arma di infiltrazione delle mafie. E’ d’accordo?
"Indubbiamente. Ho sempre detto che è più conveniente pagare mazzette che usare kalashnikov,. Nella mia carriera posso dire di aver incontrato la mafia che sparava allo Stato dopo averci convissuto, la mafia che ha trattato con lo Stato e ora le mafie che comprano lo Stato"
Il professor Flick, ex ministro della Giustizia e presidente emerito della Consulta, intervistato da Tiscalinews, ha detto che “l’eccesso di leggi e norme rischia di produrre corruzione". Cosa ne pensa?
"Sono d’accordo. Occorre una semplificazione normativa. Poche norme ma soprattutto occorre lavorare su uomini e soggetti. È meglio una cattiva legge applicata da una persona competente e onesta piuttosto che una buona legge applicata da disonesti".
*questa intervista è stata pubblicata su www.tiscali.it venerdì 21 luglio
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