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SOS centrosinistra, perchè la "torta" di Renzi non basta più. E neppure "l'unità"...

La torta è colorata e avrebbe anche numeri positivi. Ma non basta. Ed è una torta triste. Perché dietro le cifre ci sono sconfitte brucianti che segnano un punto di non ritorno: nel Pd e nel centrosinistra serve con urgenza un cambiamento, di contenuti e di metodi. L’alternativa è una slavina di consensi. Per qualcuno - a cominciare dal ministro Orlando che pure ha perso tutto nella sua Liguria per finire con Mdp e tutto quello che c’è nel mezzo - serve anche un cambio di nomi, cioè del segretario al quale si chiede già nell’immediato post voto di fare un passo indietro. Come se non si fosse appena concluso un congresso che lo ha largamente confermato vincitore. E’ molto probabile che invece il fuoco amico contro Renzi sia parte del problema.

Il segretario del Pd lancia la torta, che è un grafico, in mattinata, via Facebook. Riporta i numeri di Youtrend (società di sondaggi e misuratori di consensi politici) per cui, relativamente ai comuni sopra i 15mila abitanti, il Pd e il centrosinistra ha piazzato 67 bandierine, il centrodestra  59, le liste civiche 20, M5s 8, il centro ne ha due e la sinistra pura anche. Una vittoria, insomma. Quello che i numeri non dicono è che il centrosinistra ha perso nelle sue roccaforti come Genova, La Spezia, Sesto San Giovanni,  Pistoia. Che ha ceduto città come L’Aquila e Carrara per non parlare di Monza, Lodi, Alessandria e un po’ tutto il nord dove l’azzurro è diventato il colore principale. Città perse nonostante l’unità della candidatura: percepito come di facciata e dunque in continuità con esperienze che hanno deluso (uno su tutti Gianni Crivello a Genova), anche il modello del centrosinistra allargato sembra non essere più vincente.

L’analisi più interessante, in questo senso, l’ha fatta Sergio Cofferati, uomo di sinistra che la scissione dal Pd l’ha fatta per primo due anni fa, ai tempi della Regionali vinte per l’appunto da Giovanni Toti con quel modello che ora sembra essere vincente a livello nazionale. Se ne andò, Cofferati, perché denunciò irregolarità nelle primarie per le regionali vite da Raffaella Paita sconfitta poi da Toti. “E' la sconfitta del centrosinistra allargato, non solo di Renzi ma anche di Pisapia e Bersani” ha detto Cofferati in un’intervista a La Stampa. “Qui  (a Genova, ndr) c'era un candidato scelto dal Pd, perché l'indicazione del nome è arrivata da Roma, ma che non è iscritto al Pd. Ed era anche la sperimentazione più robusta del centrosinistra allargato". Per l’ex leader della Cgil e poi sindaco con successo di Bologna, “c’è un problema che riguarda sia il Pd sia il centrosinistra largo di Bersani e Pisapia”. Cofferati cita i numeri del primo turno quando il Pd calò e Mdp e Pisapia non arrivarono al 3 per cento. “E’ una doppia battuta d’arresto - è la sua analisi - e urge costruire con pazienza un’alternativa che esca dagli schemi”.

Sembrano chiamarsi fuori da ogni responsabilità gli scissionisti del Pd, convinti che alla fine “la colpa sia soltanto di Renzi. E’ lui che deve fare il passo indietro. Finchè c’è lui siamo destinati a perdere”. Analisi ingenerosa, semplicistica, soprattutto sbagliata.  Piaccia a no agli anti-Renzi dentro e fuori il Pd, si tratta di un segretario eletto due mesi fa con circa un milione e mezzo di voti. E i sondaggi dicono che Mdp non è questa roba pazzesca che fa impazzire le folle. Anzi. Per il bersaniano Miguel Gotor, invece, “questi risultati dimostrano la necessità di un profondo cambiamento del centrosinistra che perde qualsiasi attrattiva se imperniato intorno al Pd di Renzi. In questi anni abbiamo sostenuto quanto fosse strategicamente sbagliato provocare una rottura a sinistra per cercare i voti della destra inseguendo una autosufficienza arrogante e solipsitica. E inascoltati abbiamo ripetuto che c'era un vento di destra che soffiava nel Paese a cui non si poteva rispondere ammainando le bandiere e i valori della sinistra. Chi ha seminato vento raccoglie tempesta”.

Ma la rottura a sinistra non l’ha voluta Mdp? Che adesso punta su sabato, data di un nuovo inizio, quando Pisapia raccoglierà in piazza SS Apostoli le truppe del Campo progressista, la novità che dovrebbe unire e fare la differenza. “Noi ricominciamo dal primo luglio a Roma, in piazza, con Pisapia e Bersani – dice Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio e reggente di Articolo 1 - per una sinistra di governo capace di ricostruire una connessione sentimentale con  il nostro popolo”.

La domanda è se ha perso Renzi, il Pd - questo Pd, non certo quello a vocazione maggioritaria che arrivò al 40% -  o il centrosinistra Pd-Mdp con sprazzi di Pisapia. Tenta una risposta Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera e membro della segreteria del Pd: “In tutte le città in cui abbiamo perso c'è un centrosinistra largo. Il centrosinistra così com'è non è sufficiente. Il Pd dovrebbe riprendere il suo progetto originario".  Orlando la vede così:  “Bisogna prendere atto di un isolamento politico e sociale del Pd. Non c'è solo un elettorato perduto, ma un elettorato che spesso va a votare contro e si somma con chiunque pur di far perdere il Pd”.

Un disastro. Per cui urge immediata soluzione. 


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