Il garantismo è sacrosanto. L’applicazione delle leggi un obbligo oltre che un dovere, è il fondamento dello stato di diritto. Ma se il garantismo piega le regole o non le considera nel contesto del momento, i rischi sono molteplici. Soprattutto incomprensibili. E armano facilmente la mano del populismo e del razzismo.
Sherif Saferovic, ad esempio: 20 anni, rom slavo, residente da anni al campo nomadi di via di Salviati a Roma, sposato e con un curriculum lungo così di furti, risse e danneggiamenti. Il 5 dicembre scorso, con il compagno di merende Gianfranco Ramovic, aveva scippato una studentessa cinese che aveva appena ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno all’ufficio immigrazione della questura distaccato in via Salviati. I giovanotti furono individuati, arrestati con l’accusa di scippo con strappo e processati. Entrambi, Saferovic e Romovic, patteggiarono (due anni il primo, un anno e mezzo il secondo) e a fine febbraio erano già tornati liberi.
Lunedì 5 giugno è un’altra giornata importante nella vita di Sherif Saferovic, arrestato il primo giugno a Torino con l’accusa di omicidio plurimo, tentato omicidio plurimo, detenzione, porto ed utilizzo d'arma da guerra e incendio doloso. Sarebbe stato lui, secondo il quadro indiziario della squadra mobile di Roma e la richiesta del pm di Roma, a lanciare la bottiglia molotov contro il camper della famiglia Halilovic, l’11 maggio. Elisabeth, Francesca e Angelica, 20, 8 e 4 anni, non ce l’hanno fatta a scappare (cosa che è riuscita per fortuna al resto della famiglia) e sono state bruciate vive. Il gip di Torino ha convalido il fermo, ritenendo quindi gravi e concordanti gli indizi a suo carico. Ma quegli stessi indizi non sono bastati allo stesso gip per convalidare la custodia cautelare. Risultato: oggi Seferovic è uscito dal carcere in attesa di giudizio. E in queste ore spiace dover assistere senza argomenti dialettici sufficienti alle proteste urlate di chi gonfia il petto e arma i social chiedendosi che paese è quello in cui un giovane in pochi mesi la fa franca due volte per aver, seppur involontariamente, provocato la morte di una ragazza cinese e nonostante sia sospettato di aver preso parte ad un raid che ha bruciato nel sonno tre giovani rom.
Conviene ripassare quanto scritto dal gip, secondo il quale “mancano i gravi indizi di colpevolezza a carico di Seferovic” per quanto i video che riprendono il furgone da dove la notte tra i 10 e l’11 maggio è stata lanciata la molotov non lascino dubbi circa il fatto che quel furgone sia proprio in uso alla famiglia Seferovic, più precisamente a un fratello di Sherif. “Io non ero a Centocelle ma con la mia famiglia dall’altra parte di Roma, in un’area di sosta in zona Prati Fiscali”, s’è difeso Sherif. Convincendo, a quanto pare, il gip.
Ci si chiede ora come possano essere gli indizi utili per il fermo e non sufficienti per la custodia cautelare. Quest’ultima, infatti, non implica una responsabilità penale accertata. E basta la “sussistenza di gravi indizi” per motivare le esigenze cautelari. L’indizio del furgone è importante. Tanto quanto il fatto che il fratello, vero titolare del mezzo, sarebbe latitante. Senza contare che i Seferovic e gli Halilovic sono due famiglie da tempo in lotta, con una serie documentata di minacce reciproche. La custodia cautelare avrebbe potuto dare il tempo per effettuare tutti i riscontri necessari. E trovare altri indizi per chiedere il processo. Come si spiega poi la contraddizione di un fermo convalidato – il che vuol dire che il quadro indiziario è grave e completo – e di una custodia cautelare rigettata che però si può basare sugli stessi indizi del fermo?
Seferovic ha ammesso le sue colpe per la ragazza cinese. Ha negato tutto per le sorelline Halilovic. Ma c’erano ancora molte domande a cui doveva dare risposta. Le avrebbe dovuto dare dal carcere.
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