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Processo ai 5 Stelle ... ma Virginia non si presenta e Dibba archivia uno-vale-uno e apre alla sua candidatura a premier. Minniti, invece, spiazza la platea grillina de Il Fatto e strappa anche applausi. Gabanelli premier?


MARINA DI PIETRASANTA - Virginia sfugge il processo. Il ministro Minniti ci si butta dentro anima e corpo. Certo, si becca qualche fischio. Ma sta lì, sul palco del teatro della Versiliana, alla Festa del Fatto Quotidiano, territorio decisamente "nemico", in un contesto non facile visto che deve parlare dopo due astri del Movimento 5 Stelle come Furio Colombo e Milena Gabanelli. Eppure alla fine il ministro dell'Interno strappa anche qualche applauso. Perché la forza degli argomenti vince su ogni propaganda. 
Giornata conclusiva della festa che ogni anno il quotidiano di Marco Travaglio organizza nella villa della Versiliana per tutta l'estate luogo di incontri e dibattiti e poi "prestata" ad iniziative private (il prossimo fine settimana ospiterà la Festa de L'Opinione). Durante il giorno dibattiti, la sera teatro e concerti. Un buon modello di business. Che pare produca buoni utili. Oltre che conquistare adepti alla squadra, o anche partito, de Il Fatto quotidiano. 
Il format di quest'anno è stato quello del "processo": processo al centrosinistra (venerdì); al centrodestra (sabato), stamani era in programma il processo ai 5 Stelle. Doveva funzionare così: Peter Gomez, direttore del Fatto on line, avrebbe dovuto "interrogare" Virginia Raggi e Alessandro Di Battista. Dalle 11.30 in avanti. Sul palco anche un intellettuale molto vicino ai 5 Stelle come Massimo Fini. Nel pomeriggio, il panel finale dedicato all'immigrazione. Ospite d'onore il ministro dell'Interno Marco Minniti in un faccia a faccia a tre con due "avversari" come Milena Gabanelli e Furio Colombo che accusano il titolare dell'interno di avere la mano troppo pesante sui migranti e di chiudere gli occhi sui diritti. 
Una giornata da tutto esaurito nel parco dannunziano, posti esauriti nel teatro (600) e anche nell'area caffè (altri 500) dove è stato issato un maxischermo. Solo che Virginia all'ultimo minuto ha dato forfait. E il "processo" è diventato nei fatti un "one man show" del Dibba, camicia bianca, mano tra i capelli, abbronzato. Un divo versiliese. Gomez è partito giustamente da qui. Perché la sindaca evita il confronto? "Non ho parlato con Virginia, non so perché non sia venuta, presumo abbia molto da fare, d'altra parte vive una fase molto complicata e credo che lo sarà fino in fondo alla sua consigliatura". Il caso Roma, un anno e mezzo di non governo, viene liquidato così: "Pretendo che il giudizio sulla sindaca Raggi venga dato alla fine del suo mandato. In questi 18 mesi le sono state appioppate le peggiori nefandezze, anche quattro relazioni tra cui una persino con me.... Roma è sommersa da 15 miliardi di debiti e dalla corruzione di mafia capitale... Noi cerchiamo di fare gare, occorrono 8 mesi per istruirle, occorre tempo, ed è quello che vi chiediamo. Al netto di alcuni errori che sono stati commessi in buona fede, vi chiedo di giudicarci alla fine. Di trattarci come gli altri partiti". Tutto vero e legittimo. Se non fosse che fu proprio la sindaca, e il suo staff, a promettere soluzioni e ricette di immediata soluzione. E che solo oggi ad esempio,  sulla piaga delle occupazioni e della mancanza di alloggi, Raggi abbia deciso di prendere in mano un piano-casa che pure il suo ex assessore "cacciato" Andrea Mazzillo le aveva "messo sulla scrivania" (parole di Mazzillo). 
Ma tutto questo, come la crisi Atac, Ama, Acea, i dieci tra assessori e dirigenti mandati via e sostituti, non sono stati tema del "processo". Diventato così il solito Dibba show. Con qualche novità, però. 

"Uno vale uno" non c'è più 
Ad esempio, il Dibba archivia uno-vale-uno, articolo numero uno del credo grillino nei fatti da tempo superato dalla diarchia Grillo-Casaleggio.  "È stato male interpretato" spiega. "All'inizio il Movimento era una cosa diversa, poi c'è stata un'evoluzione ed è chiaro che si è creato un gruppo dirigente che decide. Non è vero che Grillo comanda ed è il capo politico. È vero però che serve qualcuno che decide. Siamo tutti uguali nei diritti ma non tutti possono fare le stesse cose". 
Dibba attacca gli italiani ("sono loro il problema finché votano certa gente"), attacca tutti, da Napolitano ("responsabile di tutti i disastri di questo paese") a Gentiloni ("prende ordini dagli USA") passando per Salvini ("in Sicilia appoggia Cuffaro"), Giorgia Meloni e Pierluigi Bersani ("ha votato Napolitano"). "Ecco perché non facciamo alleanze con nessuno, porca puttana...." (sic). Applausi da spellarsi le mani. 

Dibba candidati premier? Giochi ancora aperti 
Dibba si scorda di attaccare Renzi, lapsus. Attacca la stampa (tutta tranne Il Fatto) e i tiggì, specialmente il Tg1. Ma poi riserva un'altra "notizia" quando il giudice-intervistatore gli chiede perchè c'è un solo candidato premier (la riserva sarà sciolta il 24 settembre a Rimini alle Festa 5 Stelle). "Per quello che mi riguarda dirò al momento opportuno le mie intenzioni". "Vuol dire che ci stai pensando" chiosa Gomez. "È una tua traduzione, non vi fidate" gigioneggia Dibba. Un po' debole come smentita. 
Segno che Grillo e Casaleggio, gli unici che alla fine  decideranno al di là della votazione on line - un altro punto assai debole - hanno ancora le idee confuse. Molto. Perché non c'è dubbio che Luigi Di Maio, oggi al Forum Ambrosetti con Salvini a spiegare che industria, banche e imprenditoria non devono aver paura di loro, non buca più come una volta. 

Standing ovation per Gabanelli 
A giudicare dagli applausi e dal gradimento, la più amata delle festa de Il Fatto e di un pubblico sintonizzato sui 5 Stelle è stata certamente la giornalista Rai Milena Gabanelli.   Tanto che più d'uno tra il pubblico l'ha indicata come candidata premier. Qualche fischio alla fine se l'è preso Furio Colombo che ha "troppo insistito sul tasto dell'umanità" sentimento di cui "il ministro Minniti sarebbe sprovvisto" . Ma è il ministro dell'Interno alla fine che spiazza il pubblico. E che si prende anche applausi quando dice: "Sulla questione dei diritti umani e dell'accoglienza faro' una battaglia personale, ci sarà sempre il mio impegno. Bisogna governare i flussi senza mai perdere l'umanità". E quando promette: "Mi sono posto l'obiettivo di cancellare la parola emergenza da politiche immigrazione: non possiamo continuare a procedere con quanto viene dettato dai fatti. Su questi temi non si gioca un punto o due in più alle prossime elezioni. Posso pure sbagliare e se sbaglio vi chiedo scusa ma quando non ci sarò piu' spero di dica che ho svolto il mio compito con dignità e onore". 

*questo articolo è stato pubblicato su Tiscali.it il 4 settembre 

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