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LAURA PUNTA A BRUXELLES CON IL TRAMPOLINO DI PISAPIA MA DIVIDE MOLTO ANCHE IN QUELLA CHE DOVREBBE ESSERE LA SUA BASE La presidente della Camera preoccupata per il suo futuro. Anche perché non si accontenta di sedere semplicemente tra gli eletti del nuovo Parlamento

Jolly o handicap? Risorsa o limite? Laura Boldrini scende in campo. Aspetta l'ultimo giorno di apertura del Parlamento, l'ultimo prima di una lunga chiusura (l'aula è convocata per il 12 settembre) e in un'intervista al Corriere della sera mette da parte il ruolo di terza carica dello stato e mostra la carte in tavola: "Pisapia è il leader e io sono pronta a fare la mia parte". Cioè a candidarsi. Per un ruolo importante, però, perché mica si può finire a fare la semplice deputata o senatrice dopo che si è stata "la presidente della Camera", la terza donna da sempre dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti.

La tentazione di fare outing era venuta già altre volte. Clamoroso il primo luglio, nella piazza arancione di Santi Apostoli a Roma dove Pisapia provò a trovare la sintonia con la piazza di Articolo 1,  Bersani e D'Alema. Fusione a freddo rinviata allora e da allora ancora incerta. Poi la presidente si ricordò la carica e il peso del ruolo e si limitò, quel giorno, a dedicare una canzone all'evento pur sedendo in prima fila tra Bersani, Pisapia e D'Alema. Possiamo dire che nell'ultimo anno, tra le incertezze della legislatura e soprattutto ogni volta che con qualche fondamento si è parlato di scioglimento anticipato della legislatura, Boldrini non ha mancato di far parlare di sè. 
Ha cominciato presto, era febbraio 2016, a preoccuparsi del proprio futuro. In un'intervista al fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari dette il via in qualche modo alla sua candidatura attrezzando all'uopo anche il suo staff. Ma per cosa? A fare cosa? 

Una donna che divide

Perché questo è il problema, più che legittimo, sentito dalla dottoressa Boldrini una volta cessata la carica anche se manterrà per sempre il titolo di presidente: ha 56 anni, nel 2013 ha lasciato un ottimo incarico all'Unhcr e una sicura carriera alle Nazioni Unite prima di lanciarsi in politica con SEL. Il gioco ne è valso la candela visto che al primo tentativo è diventata presidente della Camera. Ma cosa fare ora? La soluzione non è semplice e, come racconta un politico della sua stessa area politica, "neppure di facile soluzione perché Laura, giustamente dal suo punto di vista, non si accontenta di un posto da parlamentare in Italia, punterebbe ad un incarico pesante a Bruxelles, e però per fare questo Pisapia potrebbe non bastare". Non solo: troppe incognite ci sono ancora nel centrosinistra e nella legge elettorale perché qualcuno possa sentirsi garantito anche del più piccolo strapuntino. Di sicuro, questo è chiaro, Laura Boldrini non sarà nella squadra di Matteo Renzi e del Pd, non ha fatto scelte di campo sulla base della convenienza, è rimasta fedele e coerente con il suo percorso (indipendente di area SEL). 
C'è da chiedersi, semmai, visto l'outing così esplicito e rinnovato nel tempo, perché Campo Progressista (Pisapia) non l'abbia ancora lanciata come portabandiera o candidato  premier. Pisapia ha spiegato che lui vuol essere "un aggregatore" ma non sarà mai il candidato. Gira, al suo posto, il nome del presidente emerito Valerio Onida. Mai quello di Laura Boldrini che beneficia anche, tra l'altro, della "consulenza" del giornalista e conduttore TV Gad Lerner. 
"Il problema - racconta la nostra fonte che chiede comprensibilmente di restare anonima - che Laura è certamente politica di grande passione ma risulta molto divisiva anche nel nostro mondo. È un'utile provocatrice su temi chiave come donne, diritti, utilizzo del web, ma poi raccoglie consenso a fasi alterne. Meno di quello che si potrebbe immaginare". Divisiva, la amano o la odiano. Di certo, non indifferente. 

La amano e la odiano
È partita subito a mille Laura Boldrini. Una larga fetta di mondo l'aspettava al varco perché c'è sempre un di più di severità , o forse d'invidia, quando al cimento si appresta una donna già molto nota e in prima linea per profughi e stranieri. I parliament watchers non le perdonarono le sue prime battaglie: l'ossessione per la sicurezza, soprattutto sul web, che portò alla rimozione su due piedi di almeno due vicequestori  di polizia; l'ostentazione di non aver voluto l'alloggio istituzionale a Montecitorio, "spending review" fu detto, peccato che per restare a casa sua la Presidente sia costata allo Stato molto di più in termini di blindature e scorte. 
Da allora quasi ogni iniziativa presa dalla Presidente è stata monitorata al microscopio: quello che è passato per "presenzialismo" era il rispetto del protocollo di Stato che detta l'agenda a suon di incontri, viaggi e presenze ai funerali di stato (la polemica scoppiò per la foto sugli spalti dello stadio dove si tenevano i funerali di Nelson Mandela). 
Donne, diritti e web, l'antifascismo e la resistenza, stranieri e immigrati sono stati da subito i suoi cavalli di battaglia. La Camera è diventata un luogo aperto per convegni (anche sull'uso della lingua declinata al femminile), seminari (molti sul digitale) e incontri con quel mondo femminile che, perché donna, fa così fatica ad assumere un volto e un ruolo pubblico eppure riesce a guidare la riscossa, dal caporalato alle periferie (tutte protagoniste poi portate sul palco del primo incontro con il Campo progressista di Giuliano Pisapia in primavera al teatro Brancaccio). 
Boldrini ha fatto, da subito, del suo ufficio la trincea contro gli haters del web, gli odiatori della rete che dietro falsi profili offendono, insultano, fabbricano odio. Anche questa sacrosanta battaglia le è costata molto, se il metro di giudizio diventano solo gli ondivaghi e imponderabili umori del web. Li ha provocati e quelli, una massa di vigliacchi la cui forza sta solo  nel non metterci la faccia, hanno reagito pubblicando le peggio cose e usando il peggior lessico. 

La legislatura che ha cambiato tutto nella comunicazione 
Nella legislatura che poi ha cambiato tutto in termini di comunicazione per la preponderanza dell'uso dei social e strattonata dal populismo spesso becero e violento di Cinque stelle, Lega e destre varie, alcune forze politiche di sono allineate e hanno sopravanzato in termini di odio. Tirandosi dietro quelle masse di utenti che nascoste dal web tirano fuori il peggio di sè. Non si potrà mai dimenticare il video pubblicato sul blog di Grillo (poi rimosso) in cui si chiedeva "cosa faresti se ti trovassi la Boldrini in macchina?". Un evidente invito allo stupro di gruppo. Decine e decine di episodi, come quello della bambola gonfiabile sul palco di un comizio della Lega Nord. A cui Boldrini ha risposto punto su punto con altrettante iniziative: il sito contro la fake news; la lettera a Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, per combattere gli Haters; l'operazione svelamento, quando Boldrini rintracciò e dette nome e cognome a chi la insultava via web per capire perché. Le restarono in mano scuse e motivi che non erano motivazioni. L'ultima battaglia che le sta costando attacchi furiosi è in favore dei migranti e delle ong. 
In questi quattro anni, su ogni tema abbia toccato, la Presidente è riuscita a scatenare su di sè violenza, misoginia, razzismo, un odio incomprensibile se non con la categoria dell'antipatia. Che da qualche tempo, purtroppo, ha diritto di cittadinanza tra i criteri di valutazione politica. 

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