Renzi tira dritto e manda avanti Martina: «Nessuna nostalgia per il passato, ascoltiamo tutti ma senza il Pd non esiste centrosinistra». Le critiche costruttive di Sala. La lezione del coach-filosofo: «Valorizzare le differenze». Domani a Roma, la risposta della piazza di Pisapia
Se
può essere anche una canzone a cambiare lo schema di gioco, il Pd
riunito a Milano sceglie quella migliore. Sceglie Vasco, in omaggio
anche ai 220 mila di Imola. E sceglie le note e le parole di “Un
mondo migliore”. «Non sarà facile cambiare le abitudini di tutta
una stagione» canta il Blasco mentre sullo schermo passano i filmati
di salvataggio di migranti in mare, i personaggi della storia
politica come Barack Obama, Nelson Mandela, Martin Luther King, ma
anche Bebe Vio e Samantha Cristoforetti. Ma «noi – aggiunge il
vicesegretario Maurizio Martina che apre i lavori della due giorni
dedicati ai Circoli - Siamo nati per cambiare quelle abitudini.
Quindi, avanti insieme, dicendo no a formule di stagioni passate, no
ai veti sulle persone. Ascolteremo tutti e ci confronteremo con
chiunque, ma lavoremo sui progetti e sulle idee e non sui destini
personali».
Spiazzati
dal silenzio, da un passo di lato e da un nuovo schema di gioco che
dice basta alle polemiche e avanti sulle cose da fare. Le
24 ore che dopo mesi di liti e in conclusione di una settimana
di altissima tensione dovrebbero scrivere una storia nuova per il
centrosinistra uscito sconfitto dalle amministrative, si aprono
invece con alcune mosse che spiazzano. È stato immaginato come un
match a distanza quello giocato tra Milano, dove Renzi oggi e domani
riunisce i Circoli del Pd, e Roma dove domani Giuliano Pisapia lancia
«Insieme» con gli scissionisti di Articolo 1, Bersani che salirà
sul palco di Santi Apostoli e anche D'Alema.
Ma
la scelta del segretario del Pd di non parlare in apertura dei
lavori e di lasciare il palco ai toni e ai modi concilianti di
Maurizio Martina, di dare spazio alle critiche, «dure ma mai
polemiche» del sindaco di Milano Beppe Sala e infine
all'affascinante lezione di coaching del filosofo-allenatore Mauro
Berruto (mister della plurivincitrice squadra di volley maschile), è
una di quelle che certamente leva acqua alla vasca di chi punta al
logoramento e all'isolamento del segretario. A chi vuole il Pd «ma
senza Renzi» e cerca una coalizione stile Ulivo del 2006, 10 partiti
al tavolo con i il Professor Prodi che ad ogni voto di fiducia doveva
andare a cercare i senatori in bagno per avere i voti e andare
avanti.
Renzi
doveva inaugurare
la due giorni ed è rimasto invece ad ascoltare in prima fila con
Martina, Teresa Bellanova e Fedeli, alle spalle Ettore Rosato,
Emanuele Fiano, il sottosegretario Gozi, un po' più in là Andrea
Orlando e Dario Franceschini. Più che una riunione della «vecchia
Margherita» come l'hanno apostrofata i detrattori, a Milano s'è
visto un Pd nuovo, più roseè che rosso.
Negli
interventi, gli indizi di come il segretario immagina la campagna
elettorale dei prossimi mesi. Con due
parole chiave:
«Unità e discontinuità». Molto simili, per l'appunto, a quelle di
Pisapia. La differenza sta nel capire unità-con-chi e discontinuità-
rispetto-a-che-cosa. .
Severo,
molto, il sindaco Sala. Quella delle amministrative «è stata una
sconfitta dura» e «vedo le persone del Pd fare fatica a difendere
il partito al bar e sul posto di lavoro». Il sindaco dell'Expo si è
chiesto perchè e si è dato delle risposte: «È necessario mettere
a fuoco due temi soprattutto: immigrazione e lavoro». E basta
«chiedere ai sindaci lasciandoli poi soli». Soli sono stati sindaci
che hanno perso queste amministrative. «Salvini – ha ricordato
Sala – si è fatto vedere anche due volte nelle città al voto». E
poi l' avvertimento «di uno che non ha la tessera del Pd ma sono qui
grazie anche al lavoro fatto da tanti volontari del Pd: bisogna
cercare alleanze per avere anche un solo voto in più». Per vincere.
Fin
dalla mattina Renzi ha cercato di spegnere il fuoco di queste 24 su
cui era fin troppo facile soffiare. «Quello di Milano sarà un
appuntamento essenzialmente organizzativo ma ricco di idee, stimoli,
dibattiti, dove ci confronteremo anche sul modello organizzativo di
partito pensante che dobbiamo mettere in campo. Questo è anche un
modo per mettere in campo una risposta alle tante critiche sulla
sconfitta dei ballottaggi».
La
platea, tremila persone circa riunite al teatro Linear Ciak, s'è
bevuta con gli occhi sgranati la lectio magistralis del
coach-filosofo Mauro Berruto. Citando Mohammed Ali, William Turner,
Charlie Chaplin, Emil Zatopek, Yuri Chechi ha declinato come si passa
dall'io al noi («Me-We» la poesia di Alì), ha spiegato come «il
potenziale può diventare risultato» e come «cambiare paradigma nel
momento in cui sembra raggiunta la perfezione sia il confine che
passa tra un buon lavoro e un capolavoro». Anche Renzi ascoltava a
bocca aperta. Resta da capire se anche lui saprà «cambiare
paradigma». La formula per vincere, ha detto Berruto, «è
valorizzare le differenze ed essere felice quando gli avversari sono
difficili da battere». Coltivare «il desiderio è la parola
fondante di un buon allenamento». E «l'egoismo di gruppo» non è
un ossimoro ma una formula vincente.
Il
segretario chiuderà i lavori domani, intorno alle 13. Poi le
telecamere, e anche molti di quelli che sono a Milano, andranno a
Roma. Le parole chiave della piazza di Pisapia saranno «insieme e
discontinuità». Le stesse di Milano.
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