Sarà merito - o colpa – dei funerali della legge elettorale. Fatto sta che restano relegati in pagine e titoli secondari dei quotidiani gli sviluppi della vicenda Consip. Con la puntuale cadenza mensile, la procura di Roma tira fuori da quella sacrosanta inchiesta su fatti di corruzione nella più grande centrale pubblica di spesa – la Consip appunto – indizi sempre più inquietanti di un depistaggio di Stato che sarebbe stato messo in atto da chi era titolare delle indagini.
Per gli appassionati – ma questa vicenda dovrebbe appassionare tutti i cittadini – ricordiamo che, oltre alla corruzione (indagati l'imprenditore Romeo e il dipendenti Consip Gasparri), un filone d'indagine riguarda il traffico illecito di influenze (indagati il faccendiere Russo, l'ex parlamentare Bocchino e Tiziano Renzi) e che un altro filone contesta la rivelazione di segreto istruttorio ai vertici dell'Arma, nello specifico al generale comandante Del Sette e il generale Saltalamacchia, e al ministro Lotti: avrebbero spifferato l'esistenza dell'indagine a Tiziano Renzi e alla sua cerchia di amici.
A questi che sono i filoni storici s'è aggiunta negli ultimi mesi l'indagine su chi ha fatto le indagini: il nucleo del Noe dei carabinieri a cui a fine febbraio è stata tolta l'indagine. In questo ambito sono indagati il capitano Gianpaolo Scafarto (falso documentale e ideologico) e il suo capo numero 2, il colonnello Alessandro Sessa, questa volta per depistaggio. La chat del gruppo di Scafarto acquisita su Whatsapp e i riscontri con sottufficiali impegnati nelle indagini già sentiti dai pm romani, raccontano, secondo l'accusa, di un'inchiesta che a un certo punto avrebbe lasciato da parte i fatti per inseguire un obiettivo politico, e cioè inguaiare Renzi Sr. Con inevitabili conseguenze sul figlio, all'epoca ancora premier.
Ma le verifiche non si fermano qua. L'8 giugno è stato sentito come persona informata sui fatti l'ad di Consip Angelo Marroni. Dopo oltre sette ore davanti al procuratore Pignatone, l'aggiunto Ielo e il pm Palazzi, Marroni avrebbe confermato sostanzialmente buona parte delle accuse sulla fuga di notizie in ambito Consip già rese al capitano Scafarto e ai suoi uomini il 20 dicembre 2016. Ovverosia di aver appreso che i suoi telefoni erano sotto intercettazione da quattro persone in quattro diverse circostanze: Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua, la municipalizzata delle acque di Firenze, il presidente di Consip Luigi Ferrara, il generale dei carabinieri della Toscana Emanuele Saltalamacchia, e l’attuale ministro dello Sport Luca Lotti.
In caso di processo Marroni assumerà dunque il ruolo di testimone chiave. Per verificarne la credibilità e l’attendibilità, è stato sottoposto a un fuoco di fila di domande e minuziosi chiarimenti circa le presunte pressioni che avrebbe subito da Tiziano Renzi, che gli chiese di ricevere un suo amico imprenditore, il fiorentino Carlo Russo, interessato a partecipare a una delle gare d’appalto bandite da Consip.
Marroni non è stato indagato. Era e resta testimone. Ma emergono stranezze procedurali, che diventano sostanziali, circa il modo in cui è stato sentito a suo tempo, che potrebbero peggiorare la posizione degli investigatori del Noe. Il 20 dicembre, infatti, gli uomini di Scafarto vanno in Consip ufficialmente per acquisire le carte del mega appalto F4 al centro dell'indagine. Si ritrovano, però, non del tutto casualmente, nel mezzo di una bonifica: Marroni aveva cioè dato incarico ad una ditta di scoprire se c'erano cimici nel suo ufficio e di levarle. Cosa che era avvenuta.
E qui iniziano le stranezze. Per una cosa del genere, e anche per molto meno, si finisce indagati. Invece Marroni viene sentito una prima volta dagli uomini di Scafarto secondo le forma delle dichiarazioni spontanee. Attenzione agli orari: siamo nella parte finale della mattinata. Il verbale è lungo tre pagine e, soprattutto, le dichiarazioni spontanee sono un atto tipico delle persona indagata. Ma Marroni non lo è mai stato. Perchè questa scelta? E perchè quell'atto è durato così tanto?
Non solo. In serata, quindi dopo sei-sette ore, l'ad di Consip viene sentito nuovamente in caserma questa volta davanti al pm Woodcock e nella chiara veste di testimone con un verbale di sommarie informazioni testimoniali. La domanda è semplice: perchè Marroni inizia la giornata come indagato e la conclude come testimone? Cosa contiene la sua deposizione per cui la sua posizione si alleggerisce nell'arco della giornata?
La procura di Roma presta molta attenzione a questo passaggio.
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